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      - Non chiederà molto.
      - In casa mia però non la voglio. Mio padre buon’anima sua, mi ha sempre detto: guardati dalle suocere.
      - La madre di Tuta è una donna ammodo...
      - No, no. Vade retro Satana! Non voglio suocere.
      - Lasciatemi finire, compar Giggi.
      - Finite pure, ma suocere in casa non ne prenderei per tutto l’oro del mondo.
      - Dicevo che la Montini è una donna a modo e che per il bene della sua figliuola acconsentirà a staccarsi da lei.
      - Alla buon’ora! Su questo terreno ci ritroviamo.
      - Ne parlerò oggi stesso alla madre di Tuta.
      - Vorrei che esploraste prima il sentimento della ragazza.
      - Ci penso io non dubitate.
      Il Finocchi si cacciò le mani nella tasca del panciotto, ne trasse due napoleoni d’oro e li fece scivolare nelle mani della compiacente comare dicendole:
      - Queste per le prime spese. Il giorno delle nozze ne darò un paio di dozzine.
      - Grazie compare. È affare fatto.
      XCIV.
      La Denunzia - La Confessione - Conseguenze.
      Le nozze ebbero luogo con grande pompa. Luigi Finocchi pareva avesse deposta tutta la sua selvatichezza ed aveva usate alla sua promessa delle finezze squisite.
      È un fenomeno che si verifica spesso: il sole dell’amore rischiara le menti più ottenebrate e suscita negli animi apparentemente più insensibili e rozzi, sentimenti di delicatezza incomparabili.
      Giggi amava già passionatamente Geltrude e nessun sacrificio gli sarebbe sembrato troppo grave per esserne corrisposto. Ma la trovava troppo al di sopra di lui. Le si sentiva inferiore talmente, che disperava di giungere alla sua altezza e avrebbe salutato con piacere qualunque fatto, per quanto doloroso, che avesse diminuita la ipotetica distanza che li separava.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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