Pagina (324/421)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Non si vedeva intorno anima viva.
      La vecchia sorda affittuaria non abitava nella casina, la quale non era che un pied-à-terre da cacciatori e si componeva di un ambiente a terreno, che serviva di cucina e di tinello ad un tempo, e di una camera superiore, ove si trovavano i letti per riposarsi e dormire. Da questa camera, tirando una sottile catena si alzava il saliscendi che chiudeva la porta della casina.
      Non appena ebbe Tuta bussato, il saliscendi si alzò e la porta si dischiuse. Geltrude entrò lasciandola aperta. Quasi contemporaneamente un uomo usciva dall’ombra e penetrava dietro di lei nella casina.
      Era Luigi Finocchi.
      - Geltrude, non sali? - disse una voce dalla camera superiore.
      - Non ho lume, rispose la donna.
      - Ah! scusami. Scendo.
      Quasi contemporaneamente si vide un lume a capo della scala di legno, che dal tinello conduceva al piano superiore e comparve l’elegante figura di Arturo, ancor vestito di tutto punto.
      Scese lentamente il giovinotto, sempre credendo che Geltrude gli salisse incontro. Ma con sua grande sorpresa la vide immobile appiè della scala.
      - Sei dunque sdegnata? - le disse il leggiadro, quando si trovò nel tinello, afferrandole una mano e tentando di attirarla a sé.
      Ma in quel momento un terribile colpo al collo, lo faceva stramazzare al suolo. La lama del pugnale di Luigi Finocchi, gli aveva orribilmente squarciata la gola e troncata colla jugulare la vita. Il lume che egli portava gli era sfuggito di mano, si era spento. Giggi lo raccolse e lo riaccese. Quindi si chinò sopra l’assassinato per accertarsi che era morto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Tuta Luigi Finocchi Arturo Geltrude Luigi Finocchi Geltrude Giggi