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      La vecchia sorda non fu sorpresa della sua insalutata scomparsa. Le dolse di non ricevere alla scadenza, come di consueto, il prezzo della pigione, e di non più vederlo, ma non ne parlò ad alcuno. Il mare, inghiottita la sua preda, l’aveva trasportata chissà dove, nessuna traccia era quindi rimasta del delitto, il quale rimase occulto, permettendo così al Finocchi ed a Geltrude di godere le delizie di una luna di miele, rosseggiante di sangue, ma non meno gustosa.
      È un fenomeno avvertito da molti fisiologi, che il sangue versato per causa d’amore accresce la passione e il diletto fra i complici. Quella geniale, soave creatura di Geltrude, aveva preso ad amare freneticamente il rozzo marito, vedendolo compiere per causa sua l’assassinio del giovane che l’aveva sedotta. Dal canto suo Luigi Finocchi era così soddisfatto della sua vendetta e delle ebbrezze ritratte dal matrimonio, che sarebbe tornato da capo se l’occasione gli si fosse presentata.
      - Mi ami? - diceva spesso alla sua donna nel delirio degli amplessi.
      - Io ti adoro. Per possederti mi par poco di avere ucciso un uomo.
      - Lasciamo questi ricordi - rispondeva flebilmente Geltrude, senza esprimere veruna ripugnanza, anzi ricostruendo nella mente il tremendo dramma al quale aveva assistito e cooperato e ritraendo nuovo eccitamento ai sensi, da siffatta ricostruzione.
      - Ti fanno male? A me no - ripigliava Luigi - Rammentando, gioisco viemmaggiormente.
      - Pur io.
      - Se qualcuno tentasse di toglierti a me, mi sentirei capace di qualunque strage, di tutto, fuorché di lasciarti.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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