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      E realmente vi si recava, ma sempre con segreti scopi politici.
      Una notte ritornò a casa in compagnia di un giovanotto. I famigli erano già coricati e Giggi chiamò Geltrude, già ritirata nella sua camera da letto, ma tuttora in piedi, perché preparasse qualche cosa da mangiare per lui e per l’incognito suo compagno.
      - Vuoi che svegli la fantesca?
      - No: il forestiero non deve essere veduto da nessuno.
      - Io non vi posso servire che della roba fredda.
      - Non importa. Basterà la tua presenza a rallegrare il mio compagno e i cibi offertigli da te gli parranno più saporiti.
      Sorrise la donna del complimento di suo marito e discese nel tinello, ove l’incognito s’era fermato. Giggi le aveva già parlato delle sue imprese e de’ suoi cooperatori. Credeva quindi d’avervi a trovare innanzi un brigante barbuto, col cappello a pan di zucchero, i calzoni di pelle di capra e le ciocie ai piedi. Fu quindi assai meravigliata di vedere invece un gentiluomo elegante e gentile, che non appena la scorse si alzò, le mosse incontro, e le disse:
      - Sono desolato, signora, di recarvi disturbo: non avrei acconsentito a farlo, senza la cortese insistenza del mio amico Luigi.
      - Gli amici di mio marito - rispose Geltrude gratamente sorpresa e desiderosa di mostrarsi non meno gentile e finamente educata - sono sempre benvenuti, e la nostra povera casa è a loro disposizione.
      - Così parlano le leggiadre donne d’Italia - esclamò con enfasi il forestiero e aggiunse con un piglio mezzo da predicatore e mezzo da apostolo:
      - Quando avremo liberata la Patria dalle Alpi al mare, distrutte le tirannidi e abbattuto il governo de’ preti, sarà ambito premio per quelli che non avranno lasciata la vita nell’ardua impresa, d’aver il guiderdone dalle loro belle mani.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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