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      - esclamò l’inebbriata signora e gli chiuse la bocca colla sua.
      Da quella sera lo studente diventò il suo amante e non ebbe più vita che per lei.
      Era venuta la state e dopo la bagnatura Blanche era stata condotta dal marito ad un suo castello, che s’ergeva sull’Appennino abruzzese. Timoteo la seguì ed ogni notte, per una segreta porticina, della quale aveva la chiave, penetrava nella sua camera da letto.
      Il marito non tardò ad accorgersene. Conosceva le abitudini di Bianca. Prima di sposarla era stato suo amante ed aveva ingannato il marito di lei, come ora Timoteo ingannava lui. Non erano scorsi che tre anni, e il primo consorte della leggiadra signora era morto, dicevasi in un accidente di caccia. Ma la sorte era stata aiutata dalla mano dell’uomo. E quest’uomo era il bandito Angelo Isola.
      Risoluto a liberarsi dell’amante, come si era liberato del primo marito, andò in traccia dell’antico suo complice e lo rinvenne in una bettola di Rocca Secca, dove soleva riparare fra l’una e l’altra delle sue brigantesche imprese.
      Era una stanzuccia scavata si può dire nella montagna e che s’internava sotto, come una grotta nella medesima, divisa in due da un semplice assito. Nella parte prospiciente sulla strada stavano gli avventori che capitavano a bere; nella parte posteriore facevano la cucina, tenevano il vino, e si ricoveravano i più intimi amici del padrone, il quale non è escluso che cooperasse alle frequenti grassazioni segnalate ad ogni tratto in quei dintorni.
      Non appena il marito ingannato entrò, il bettoliere si levò il berretto, ed ossequiandolo umilmente, gli domandò:


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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