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      Poi fu condotto a Torre di Nona doue a lui et al Conte di Aliffe et Don Leonardo di Cardine fu troncata la testa. Morì il Duca dispotissimo eccetto che nell’istesso voler porre il capo sotto il ceppo o tagliuola cominciò a dire aiutatemi de gratia tentatione obrenuntio Satano et finalmente fu ispedito. Il Conte di Aliffe si dice che ragionaua anch’egli alcune parole christiane pure era fuori di sé - Don Leonardo di Cardine morì finalmente disposto. Delli corpi loro seguì questo: il cardinale fu portato nella chiesa Transpertina, il Duca, et il Conte d’Aliffe et Don Leonardo, furono portati lo mattino per tempo in Ponte. Il Duca in un cadeletto piccolo ed assai miserabile, oue giaceua con una ueste di pelle intorno con due torse rosse per ciascun capo il Conte d’Aliffe et Don Leonardo erano coricati in terra su due miserabili tappeti lunghi due brazzi o circa et poi tutti infangiati et calpestati dal numero delle genti che andauano a vedere. Il Cardinale è stato portato poi a seppellire alla Minerva et si dice anco il Duca. Gli altri dui dicono che li parenti trattino di condurgli a Napoli».
      IV.
      Il supplizio della Marchesa Anguillara e di Margani.
      Dai Processi Verbali redatti dalla Compagnia di S. Giovanni Decollato, che il governo opportunamente, ha con savio decreto avocati a sé, togliamo la narrazione della esecuzione di questa infelice.
      «Martedì notte venendo il mercoledì, a dì 3 d’Agosto 1568, alle sei ore di notte in Roma fu menata nel luogo solito della Compagnia della Misericordia in Torre di Nona per esser fatta morire per via di giustizia madonna Caterina dell’Anguillara, la quale resasi in colpa dei sua peccati e confessatasi disse perdonare a tutti quelli che l’avessero offesa siccome ancora desidera che sia perdonato a lei e volendo fare un codicello al testamento ultimamente da lei fatto, disse restando fermo il detto testamento e le cose contenute in esso, lascionne scudi 20 ai poveri vergognosi, e ducati dieci alla Compagnia di San Giuseppe sotto Campidoglio, e dichiarò ancora che il legato dei cento cinquanta ducati l’anno, lasciato da lei nel prefato testamento a messer Bandino Piccolomini gentiluomo sanese suo ultimo marito, s’intenda libero, e che non abbia a concorrere al pagamento di nessun lascito: ma che se gli debbano pagare liberissimamente senza farlo stentare o litigare, ed in che luogo vorrà lui: e questo tanto volendo stare e vivere insieme, con li suoi figliuoli, quanto no; perché questo rimette nel suo libero arbitrio.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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