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      Dopo essere stato esaminato parecchie volte si decise di lasciarlo in riposo - dice la relazione. Ma vedendosi che egli andava deperendo e che la sua fine si approssimava, perché non avesse a sfuggire alla pena, fu eretto sulla Piazza di Ponte S>. Angelo un palco per farlo decapitare. Recatisi i Fratelli della Compagnia di San Giovanni Decollato per prepararlo al supplizio, lo trovarono estatico e quasi privo di sensi, talché temevano avesse a spirare fra le loro braccia. Perciò fu accelerata la messa e interrogato intorno a tutti i suoi bisogni dell’anima - dice la relazione - e animato alla morte e a mostrar coraggio contro le tentazioni del comune nemico. Narrate le sue colpe chiarendosene pentito, e baciando un piccolo crocifisso prestatogli mentre trovavasi nelle carceri, protestò, lagrimando, di voler morire da vero penitente. Fu quindi comunicato per viatico e sollecitato dai confrati perché il polso gli andava mancando, «e alle volte - continua testualmente la relazione - come insensato, non rispondeva alle interrogazioni dei Confrati, procedendo ciò dal non aver gustato alcun cibo per un giorno e mezzo, fu ristorato per forza».
      Non potendo l’infelice reggersi in piedi e temendo avesse a morire naturalmente fu duopo far venire la barella e una seggiola per portarlo sul palco - «già reso semivivo e che la morte gli andava chiudendo le labbra, non avendo altro spirito che quello di un flebile lamento». I confortatori non cessavano di assisterlo suggerendogli ora uno, ora un altro atto di sommessione e preghiera, che egli quasi automaticamente eseguiva, mentre s’avvicinava al patibolo.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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