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      Egli mi lanciò uno sguardo che esprimeva: "Procura che ti possa dire una parola a solo."
      Accettai l'invito, ed ebbi la gioia, ed il tempo bastante di udire dai suoi labbri:
      - Fingiti malata.
      Realmente io non aveva d'uopo dire di esser malata. La mia salute era di molto alterata. Nulladimeno, la mattina dissi alla mia conversa sentirmi un gran male al capo, e quando venisse il medico me lo avessero mandato.
      L'imbasciata(4) ebbe il suo effetto. Il medico venne, e mi ordinò un purgativo, e a tal uopo mandò nell'infermeria la conversa a prendere il necessario.
      Rimasti soli ci ricambiammo un lunghissimo sguardo. Quindi le nostre braccia si avvinghiarono, e i nostri labbri si unirono. - Fu quello un momento di paradiso per me. - Se in quell'amplesso Dio mi avesse tolto la vita, senza rammarico gliela avrei ceduta.
      La conversa tornò e risortì. Il purgativo si gettò. - Avete letto, Maria (lasciate che vi chiami sempre con questo bel nome), la lettera vergata da Arturo, e che io vi ho rimessa?
      - L'ho letta.
      - Ebbene che ne dite? siete disposta a seguirne i consigli?
      - È tardi, Celso, è tardi, non ne parliamo.
      - Siamo sempre in tempo quando voi vogliate affidarvi a me.
      - È impossibile!
      - Maria, siate sincera. Voi siete infelice, voi avversate la reclusione. A che dunque languire, gemere, e soffocare i palpiti del cuore? - Risolvetevi, e lasciate a me la cura del resto.
      - Ma io ho profferiti i voti, non capite?
      - E che perciò? Ogni legame ingiusto, violento... un sì estorto dal terrorismo e dalle circostanze s'infrange e stritola, come debole vetro.


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I Nuovi Misteri del Chiostro Napoletano scritti da un'ex monaca e pubblicati dall'abate **
di Anonimo
Tip. Guigoni
1871 pagine 97

   





Dio Maria Arturo Celso