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      Il Mortara dinanzi a cotale esposizione del fatto trova di osservare:
      1° Che veramente l'Edgardo nell'età poco più d'un anno ammalò, ma di semplice febbre verminosa, tanto comune ai bambini, onde lo stato, di lui non era per isvegliare serii timori in chicchessia (allegato N° 2). Non esisteva dunque la condizione, in cui la Chiesa permette di battezzare i bambini degl'infedeli, invitis parentibus, cioè, la fondata certezza di morte inevitabile. Infatti sarebbe in contraddizione colle massime della Chiesa sull'autorità paterna (di cui più innanzi) il credersi ciò autorizzato, prima che la vicina morte non vada sottraendo i figli all'autorità dei genitori.
      Supposto un momento che la evidenza della poca entità di quella malattia bastevole ad impedire ogni inquietudine nei parenti dell'Edgardo, non rifulgesse al pensiero della troppo amorevole fantesca, non è già egualmente supponibile che dinanzi all'altrui falsa estimazione, possa una legge declinare dalla verace essenza dei rapporti stabiliti alla sua applicazione.
      2° L'avvenimento, tal quale narrasi, non diè luogo ad esame, non a confronto di testimonii. Mentre è assioma giuridico che quanto crimen est gravius, tanto præsumptiones debent esse vehementiores, quia ubi maius periculum, ibi cautius est agendum (abb. Panormitan.), e mentre non si priverebbe mai alcuno giudizialmente del più lieve possesso, senza il corredo d'irrefragabili prove, si vorrà ora a semplice e nuda assertiva di una fantesca, stabilire un fatto, cui si darebbe per conseguenza di orbare un padre ed una madre della loro prole?


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
Atti documenti confutazioni
di
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