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      Certo che fra i sensi di giustizia e di umanità, onde rifulge il Cristianesimo, non poteva mancare la consacrazione religiosa di quel principio di ragione che prescrive l'assoluta inviolabilità dell'uomo nel foro della sua coscienza. Iddio, cui basterebbe un solo atto dell'eterno volere per isconvolgere l'attuale ordinamento delle cose, permette che più religioni esistano sopra la terra, mentre una sola deve essere, secondo la quale Egli gradisce il culto degli uomini. Le convinzioni in noi trasfuse sulle ginocchia della madre, fan credere a ciascuno che la sola strada da lui seguita, è quella tracciata da Dio a servire Iddio, cui per ciò si temerebbe tradire col distaccarsene.
      È dunque sempre un nobile motivo quello che ci tiene attaccati alle avite credenze, perchè l'uomo non si arrenda mai all'errore che gli sembri tale. E male opererebbe la forza dove ha esclusivo domicilio la persuasione: una religione imposta equivarrebbe all'avversione ed al disprezzo della religione stessa. Il Signore, che dava all'uomo il libero arbitrio, solo gradisce le offerte volontarie, e se atroce ingiuria sarebbe cotale violenza contro il diritto di natura, non meno grave offesa recherebbe anche da altro lato alla Divinità, presumendo sostituirsi al di lei volere, quasi a correggere gli ordini imperscrutabili della sua Providenza.
      Basandosi in queste patenti ragioni di mitezza e di tolleranza: universale, la Chiesa fu del continuo in sull'avviso per condannare il poco illuminato zelo di coloro che avessero creduto guadagnare merito appo Dio colla forzata conversione degli infedeli.


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
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