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      .. Huic legi nec abrogari fas est, neque derogari ex hac aliquid licet, neque tota abrogari potest; nec vero aut per senatum aut per populum solvi hac lege possumus; neque est quærendus explanator aut interpres ejus alius, nec erit alia lex Romæ, alia Athenis; alia nunc, alia posthac. Sed et omnes gentes et omni tempore una lex et sempiterna et immutabilis continebit... Deus legis hujus inventor, disceptator, lator...» (De Repubblica, l. III, 19.)
      Se non sono a sufficienza gli autori suddetti, noi citeremo s. Paolo medesimo, il quale parlando delle nazioni che non avevano conosciuto la legge di Mosè, si esprime così: «i Gentili che non hanno la legge, fanno naturalmente le cose che la legge comanda; non avendo leggi, essi tengono a se medesimi il posto della legge, e fanno vedere colla testimonianza della loro propria coscienza che ciò che è prescritto dalla legge, è scritto nel loro cuore. Cum enim gentes quæ legem non habent, naturaliter ea quæ legis sunt faciunt, ejusmodi legem non habentes ipsi sibi sunt lex: qui ostendunt opus legis scriptum in cordibus suis, testimonium reddente illis conscientia ipsorum (ad Rom. c. II., v. 14 et 15). Si può dire che il discepolo amatissimo ha così definito la legge naturale, quando egli ha parlato di questa vera luce che illumina ogni uomo di questo mondo: Erat lux vera quæ illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum (Evang. c. I, v. 9). Si vede che sopra questo punto, come sopra molti altri, la teologia e la filosofia si danno la mano.


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
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