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      Ora qui appunto dimora il groppo del nodo, se nodo è, intorno al quale, se sono compatibili gli scredenti volteriani e gli Elbrei che si scandolezzano e strabiliano, ad un vero Cristiano non è permesso neppure l'ombra della maraviglia o del dubbio. Perciocchè supposto che questa creatura settenne è battezzata, la quistione del se debba lasciarsi al padre israelita, si traduce in quest'altra: un battezzato dovrà essere Cristiano od Ebreo? che finalmente l'uomo sarà quale lo avrà fatto la sua educazione. Pertanto questo è appunto quello che vuole la Chiesa. A lei rileva ben poco che il piccolo Mortara stia in Roma od in Bologna, stia in casa od in collegio: quello che a lei rileva supremamente è che resti Cristiano, o piuttosto che non sia da una educazione giudaica quasi sforzato a diventare Ebreo, in onta del ricevuto Sacramento. Ciò è sì vero che quando la Chiesa ha potuto avere morale certezza dell'essere cessato questo pericolo, non ha trovato in qualche raro caso difficoltà di permettere che il figlio battezzato convivesse col padre israelita; e vi è memoria di qualche esempio in tale materia (53). Ma stando sul generale, deh! come può tenersi per moralmente possibile che quel bambino, crescendo in famiglia giudaica, possa essere allevato conforme alla sua nuova condizione? Supposto che ciò sia moralmente impossibile, come la Chiesa non avrà il dovere di fare tutto che può, affinchè il cristiano allevamento del bimbo sia assicurato? E supposto quel dovere ingiunto a lei da Dio, come non avrà ella il diritto a fare ciò che all'adempimento di quel dovere è indispensabile?


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Roma e la opinione pubblica d'Europa nel fatto Mortara
Atti documenti confutazioni
di
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