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      - Quando però vi concorra la piena votazione degli altri sei; - aggiunse Emilio.
      - Ben inteso.
      - Ebbene lasciate ch'io m'intenerisca per Teodoro, e chieda grazia per lui; - disse Emilio - Io divento suo protettore. Che volete? Quella sua meravigliosa noncuranza delle cose di quaggiú m'ha interessato.
      - Si potrebbe almeno far in modo ch'egli lasci quella sua pettegola che lo rovina; - disse Niso.
      - Impossibile! - sclamò Emilio.
      Niso e Gustavo sorrisero.
      - Chi avrebbe detto che tu dovessi credere a queste cose! - osservò il primo.
      - Tanto piú, - continuò Emilio - che domani Teresa sarà la regina della festa.
      - Qual festa? - domandò Niso.
      - Diamine! La celebrazione della vincita.
      - Che cosa fai conto di fare?
      - Una cena nabuccodonosoresca, in cui dovranno uscir piú turaccioli dai colli delle bottiglie che non uscirono palle dalle bocche dei cannoni francesi alla battaglia d'Austerlitz.
      Niso crollò il capo.
      - Non ti piace?
      - No.
      - Perché?
      - Perché so che domani gli ufficiali di guarnigione fanno anch'essi una cena.
      - Ragione di piú per farla allo loro barba coi denari di Francoforte.
      - Ebbene ci verrò anch'io, ma a un patto. Ch'io sia dispensato dalla seccatura di condurre una dama.
      - Sia! Come papà ti permettiamo di venir solo.
      - Ma faccio osservare - disse Gustavo - che saremo in tredici.
      - È vero! Viva il tredici! - sclamò Emilio - Saremo in tredici e ci staremo alla barba dei pregiudizi.
      E levandosi soggiunse:
      - Domani mattina dal tabaccaio vi lascerò per tutti l'ora e il luogo dove dovremo trovarci.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





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