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      La bella, infatti, chi l'avesse osservata attentamente, si sarebbe accorto che era astratta in un pensiero estraneo al discorso di quell'uomo; quantunque la si sforzasse di sembrar calma, ella si trovava in quel punto sotto l'influenza d'una preoccupazione tormentosa. I di lei occhi, bellissimi, grandi, ombreggiati da lunghe palpebre, si volgevano di quando in quando ansiosamente all'uscio pel quale dovevano entrare i convitati; e, insieme allo sguardo, pareva che ella tendesse furtivamente anche l'orecchio, quasi per udire da lontano l'arrivo di chi aspettava.
     
      La bella inquieta era piú che bella; era affascinante.
      I suoi tratti avrebbero forse potuto essere piú corretti, piú attraenti, no. I suoi capelli, di quel castagno ardente e quasi dorato che ne dinota la estrema finezza, avevano quello sfarzo di vegetazione che non si dà che nelle nature perfettamente dotate; quasi ribelli al pettine, si disegnavano ondati, a profluvio e pieni di rigoglio sulla fronte candida e pura come quella d'un angelo. La era una di quelle testoline ricche e voluttuose su cui un amante poserebbe con ebbrezza le labbra coprendola di insaziabili baci... I suoi occhi, color del nostro cielo, possedevano quel mistero dello sguardo in cui Dio mise l'ispirazione dell'amore: occhi al cui fascino nessun'anima d'uomo nobilmente foggiata avrebbe potuto sfuggire quando gli si fossero rivolti col pensiero di sedurre. Il di lei collo, il braccio, il corpo avevano dei movimenti d'una grazia indescrivibile; e la curva deliziosa, né troppo turgida, né troppo scarsa, del di lei seno, era degna dello scalpello d'un genio: per forza di un mirabile giusto mezzo quel seno avrebbe accontentato pienamente tanto chi sdegna nella donna le soverchie rotondità, come chi si diletta di procaci forme.


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





Dio