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      La contrada, dove abitava la Gigia, che porta il nome della nutrice di Bacco, da un lato mette capo sulla piazzetta della Torre de' Moriggi, dall'altro sul corso di porta Vercellina. Emilio prese da questa; attraversò il corso; tirò via per S. Giovanni sul muro, e sboccò in piazza Castello. Giunto quasi allato del vestibolo della Madonnina, si fermò, e si mise a considerare il bruno edificio del castello quasi perduto nelle tenebre, che gli sorgeva dinanzi a un tiro di fucile.
      Era una bella notte, e per gli interminabili spazi del firmamento brillavano rade e lucenti le stelle, che pronosticavano, pel domani, una bella giornata. Tirava una brezza mite e imbalsamata, di quelle che sul cadere dell'inverno pare annuncino l'arrivo d'una primavera, che poi non si vede mai. Nella piazza regnava un silenzio profondo, che lasciava udire distintamente i radi rumori della notte: qualche canto di gallo mattiniero, qualche fioco allarme di scolta, qualche lontano tocco d'orologio che segnava le tre e un quarto. V'era un'oscurità uniforme di notte senza luna, rotta soltanto da certi chiarori lontani e foschi che dinotavano le finestre illuminate di qualche casa sulla corsia di porta Comasina.
      Dopo essere stato un po' di tempo immobile a gustar quel silenzio e quella solitudine, Emilio si volse per ripigliar il cammino, quando colla coda dell'occhio vide, o gli parve di vedere, un'ombra d'uomo muoversi rapida fra i pilastri dell'atrio della vicina chiesa.
      - L'angelo custode! - sclamò stringendo i pugni di rabbia - Ah voleva ben dir io che stanotte non t'avessi alle spalle!


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La scapigliatura e il 6 febbraio
di Cletto Arrighi
pagine 243

   





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