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      In questo stesso periodo, settembre 1918, Machnò ricevette l'appellativo di «piccolo padre»,35 cioè capo del movimento rivoluzionario ucraino. Ciò accadde nella seguente circostanza. I latifondisti che si erano rifugiati nei grandi centri i kulak e le autorità tedesche avevano deciso di distruggere Machnò e la sua brigata a qualsiasi costo. I grandi proprietari crearono allora una speciale brigata di volontari, con i loro figli e con i figli dei kulak, appositamente per la lotta contro Machnò. Il 30 settembre questa brigata, insieme agli austro-tedeschi, circondò Machnò presso Bolsciaia Michailovka, occupando ogni via di uscita con grandi forze. Machnò in quel momento aveva 30 partigiani e una sola mitragliatrice. Fu quindi costretto a ritirarsi, destreggiandosi fra il nemico così numeroso e, capitato nel bosco di Dibrivki, si trovò in una situazione molto difficile. Tutte le vie di uscita erano chiuse dal nemico. Aprirsi un varco con la sua brigata era impossibile e salvarsi solo ripugnava alla sua dignità di rivoluzionario. D'altra parte nessuno della sua brigata avrebbe accondisceso a lasciare in quel momento il suo condottiero. Dopo aver ben riflettuto Machnò decise di tornare l'indomani nel villaggio di Bolsciaia Michailovka (Dibrivki). Usciti dal bosco i partigiani incontrarono dei contadini che si affrettavano a informarli che a Dibrivki c'era un grosso reparto nemico e che era meglio per loro dirigersi altrove. Ma questo non li fermò. Machnò e i suoi, benchè piangendo le donne cercassero di trattenerli, partirono per Michailovka.


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Storia del movimento machnovista
di Pëtr Andreevic Aršinov
pagine 356

   



Versione con traduzione di Virgilio Galassi




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