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      Questo, fra l'altro, può mostrare quanto valgano i discorsi assurdi e falsi dei bolscevichi, per cui il machnovismo sarebbe stato un movimento di kulak. In realtà dove si sviluppò il machnovismo il ceto dei kulak cercò e trovò sempre difesa all'ombra dell'autorità sovietica.
      Il ritorno dell'esercito al Dnepr fu di una rapidità favolosa. Il giorno dopo la vittoria sui denikiniani a Peregonovka, i machnovisti erano a più di 100 verste dal luogo della battaglia e Machnò, con il suo squadrone speciale, era 40 verste davanti agli altri reparti. Il terzo giorno i machnovisti presero Dolinskaia e Krivoi Rog, e si avvicinarono a Nikopol. Il quarto fu occupato il ponte Kickasski sul Dnepr e presa la città di Aleksandrovsk. I machnovisti volavano come in un regno d'incanto e di sogno nessuno sapeva della loro vittoria presso Uman, nessuno sapeva dove fossero; le autorità non presero alcuna misura difensiva, immerse nell'abituale letargo delle retrovie. Perciò dappertutto i machnovisti piombarono sul nemico inattesi come fulmini a ciel sereno. Ad Aleksandrovsk seguirono Pologhi, Guliai-Pole, Berdiansk, Melitopol, Mariupol. In una settimana e mezza tutto il sud dell'Ucraina era liberato dalle truppe e dalle autorità di Denikin.
      L'occupazione del sud dell'Ucraina, sopratutto della regione intorno al mare d'Azov, costituì una minaccia mortale a tutta la campagna controrivoluzionaria di Denikin. La zona Mariupol Volnovacha era la base più importante per il vettovagliamento dell'esercito denikiniano.


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Storia del movimento machnovista
di Pëtr Andreevic Aršinov
pagine 356

   



Versione con traduzione di Virgilio Galassi




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