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      Molti sono i metodi per farla ed ognuno dà la preferenza al suo: io vi descriverò quello da me adottato e che seguo da molti anni perché me ne trovo bene.
      Prendete pomodori di campo, perché quelli d'orto sono più acquosi, e preferite i piccoli ai grossi. Stiacciateli così all'ingrosso e metteteli al fuoco di legna in una caldaia di rame non stagnata e non abbiate paura perché l'acido non attacca il rame se non quando è fuori dal fuoco e perde il calore dell'ebollizione. Se non fosse così, io avrei sentito i sintomi del veleno almeno un centinaio di volte. Quando saranno cotti disfatti versateli in un sacco a spina ben fitto tenuto sospeso e gettata che abbiano l'acqua passateli per istaccio onde nettarli dai semi e dalle bucce strizzandoli bene.
      Lavate con accuratezza la caldaia e rimetteteli al fuoco per restringerli quanto basta, e per conoscere poi il punto preciso della consistenza che deve avere la conserva (e qui sta la difficoltà) versatene qualche goccia in un piatto e se vedrete che non iscorre e non presenta sierosità acquosa all'intorno, vorrà dire che codesto è il punto giusto della cottura. Allora imbottigliatela e anche qui avrete un'altra prova della sua sufficiente densità, se la vedrete scendere con difficoltà per l'imbuto.
      Per avere una conserva con meno cottura, e quindi più liquida e naturale, viene usato l'acido salicilico che nella proporzione di grammi 3 ogni litri 2,1/3 di sugo, si dice innocuo, ma io finora mi ero astenuto dal farne uso, sapendo che il Governo, per misura igienica, ne aveva vietato lo smercio.


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La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene
Manuale pratico per le famiglie (790 ricette)
di Pellegrino Artusi
pagine 583

   





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