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      CAPITOLO I
     
      IL SOR CHECCO TOZZI E LA SUA FAMIGLIA
     
      Quando si principia a invecchiare, ricordarsi e raccontare diverte. Vorrei dunque divertirmi qualche mezz'ora - non avendo di meglio mentre cresce il grano - ricordandomi di quand'ero giovane e non facevo altro che girar l'Italia per tutti i versi. Studiavo pittura per prima cosa; ma siccome per natura sono indagatore, studiavo e cercavo il vero in tutto.
      Come è naturale, n'ho viste di tutte le razze, e m'è rimasta in mente una faraggine di storielle da averne per un pezzo.
      Vediamo se mi riuscisse di ricordarmene di qualcuna; e quel che è piú difficile, di farle leggere.
      Difficile! - non c'è dubbio; ma pure, ora che è persino diventato di moda d'occuparsi di questa povera penisola, ora che, dopo avere scoperta la Terra Vittoria, ed il passaggio nord fra l'Atlantico ed il Pacifico, l'Europa ha finalmente scoperta anche l'Italia, bisognerebbe proprio aver lo stile di... del... dei... (so io che nomi mi penderebbero dalla punta della penna, ma è risoluzione presa, non voglio esser cattivo), diremo dunque lo stile... proprio seccante (e siamo giusti, io non l'ho!) per non farsi leggere parlando di usanze popolari, domestiche, contadinesche, di novelle di briganti, pastori e simili dell'Italia la meno conosciuta; di quell'Italia di dove vengono i villani coi calzari di capretto, i mantelli corti, ed i cappelli a pan di zucchero che andavano giorni sono per le strade di Torino sonando il piffero; paese che qui da noi si conosce per ora quasi unicamente dagli emigrati, e dai fascicoli della Civiltà Cattolica. Eppure, lo creda, merita d'esser conosciuta quella povera antica gente latina, che dopo tanti secoli, tante sventure e miserie e malanni, è pur sempre vivente negli strati inferiori della società, e si trova - basta saperla e volerla cercare - simile a quelle anticaglie sepolte, a quelle mirabili statue di marmo o di bronzo che le rovine del tempo de' barbari dell'ignoranza hanno cacciate giú giú nel seno della terra, e che a scavare con fatica si trovano; e nettate e ripulite ricompaiono tali e quali, nella loro sin qui inarrivata bellezza.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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