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      Viveva perciò in casa senza far nulla - tendenza gentilizia in casa Maldura. S'alzava tardi, diceva sciocchezze, non poteva pronunziare quattro o cinque lettere dell'alfabeto, era fratello della Coroncina - confraternita della quale era priore e basso profondo il sor Checco, mentre il sor Mario n'era postulante e contralto. Vestiva anfibio fra signore e villano; portava però la domenica la rosa sull'orecchio, e faceva all'amore colla figlia d'un contadino che viveva sul suo, e che non lo poteva patire. Difatti d'entrargli in casa non se ne discorreva, ed il sor Mario avrebbe, credo, piú volentieri messa la mano nella buca del porcospino. Ma siccome Titta de Santo, padre della ragazza, era una specie di variante del sor Checco, anche per passar sotto la finestra usava un'infinità di riguardi e diplomazie.
      Malgrado tutto il riguardo però, siccome non v'è buona diplomazia che una volta o l'altra non inciampi, anche quella del sor Mario trovò lo scoglio che la mandò a picco. Ed ecco come.
      Vi è l'uso in quelle parti che ogni castello abbia una banda o musica sua propria composta di dilettanti del paese - lo so io pur troppo che avevo nella casa dirimpetto il pretendente al posto di clarinetto. Dio forse gli perdonerà. Io mai! - Questa musica è guidata da un capo che si fa venir di fuori, e si paga assai bene. Nell'uniforme poi si sbizzarrisce la fantasia dei contadini influenti in comunità. Colori, tracolle, penne, cordoni, che compongono un insieme ove c'è del maresciallo di Francia, dell'Etman de' Cosacchi, del guardaportone e del guardia nobile di Sua Santità.
      Questa banda suona in paese, suona fuor di paese, va alle feste del Santo dei paesetti vicini, va a ricevere il curato che prende possesso, il vescovo in visita della diocesi, il nuovo gonfaloniere che entra in carica; è indifferente a sonare al sole, come alla pioggia e al freddo, per ore e ore; suona il giorno, suona la notte, non istuona piú del solito per quanti mortaletti le si sparino nell'orecchio, suona ai mortori come ai battesimi de' primi del paese, suona ai sposalizi come alle vestizioni, alle prime messe, ec., insomma purché le si dia da bere non le par vero di trovar occasione di mostrare la sua abilità ed il suo magnifico uniforme.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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