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      Prese lo schioppo carico a veccioni (quattro fanno la palla d'una oncia) che aveva a capo al letto, aprí la finestra, e giú una grande archibugiata in mezzo alla banda, chi piglia piglia!!!...
      Vi lascio immaginare che razza di bemolle in chiave n'uscí! che razza di scompiglio, di buscherio, di sottosopra, di sconfitta generale; e quando si dice!... proprio il Signore è misericordioso de' matti; di questo colpo che poteva metter per terra mezza dozzina di persone non ne nacque se non due ferite leggiere: una in una spalla e l'altra non mi ricordo dove, ma cose da nulla.
      In un momento fu in piedi tutta la via, ogni uscio, ogni finestra s'aprí; in un attimo si fece un mercato, e un monte di discorsi e racconti e ingiurie e imprecazioni, e anche risate - che alla fine non era morto nessuno - i feriti andaron pel medico, del sor Mario non se ne seppe piú nova, ma dell'amore guarí radicalmente; la musica se n'andò pe' fatti suoi, l'idea però d'andar a saper notizie di Padron Titta, e domandargli se gli pareva sentirsi meglio non venne in mente a nessuno. Dopo un poco bensí comparvero i tre giandarmi della stazione - molto spinosa - di Marino, e, non con un grandissimo gusto probabilmente, andaron essi a far visita a Padron Titta.
      Credete che era fuggito voi altri! Sí, proprio! Era a letto, felice, e si stupiva molto di vedersi i giandarmi in casa, e non sapeva nulla né di musica, né d'archibugiata: dormiva, lui; e siccome aveva il sonno grave non s'era accorto di niente. Ma non si può sempre aver l'occhio e la mente a tutto.
      Padron Titta non si ricordò in quel momento che aveva tranquillamente rimesso il suo schioppo accanto al letto al luogo solito. I giandarmi però gliene fecero memoria, domandandogli la spiegazione fisica del fenomeno che presentava quell'arma.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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