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      Natura feroce, abbietta, ma dotata fatalmente di qualità atte a darle potenza di seduzione su giovani creduli ed animosi. Poteva dirsi un vero Mefistofele da taverna. Morirono entrambi, senza ombra di terrore. Targhini non meritava tanto. Montanari, sí. Ma pur troppo non lavò col pentimento la sua memoria, e peserà sovr'esso per sempre l'obbrobrio del tradimento.
      Ritorniamo ora indietro quattordici mesi, e troviamoci di nuovo in casa del sor Checco.
      Era la sera dopo cena. C'eravamo trattenuti a ciarlare e fumare seduti al fresco nell'aia, e, cosa strana, vi si era fatto tardi, onde non era lontana la mezzanotte. Sentiamo a un tratto nascere un rumore di legni e cavalli co' sonagli, che per l'aria cheta ci veniva d'assai lontano. Il rumore s'avvicina rapidamente, giunge davanti alla casa, cessa a un tratto e sentiamo una gran bussata fra uno schiamazzare d'allegria, vediamo dalle finestre un luccicar di canne di schioppi al chiaror di torcie a vento. Si corre ad aprire, ed entra una brigata di giovani de' quali, cosí mezzo allo scuro, non mi pareva conoscerne nessuno.
      S'avanza allora un tale, che benissimo conoscevo, e mi dice:
      - Siamo passati di qui, e ti vogliamo salutare un momento. - Poi mi nomina i compagni: - Ecco qua, Targhini, Montanari... - e via via me li nomina tutti. Quella compagnia m'era sempre andata poco a sangue. Senza saper allora i loro segreti, ne sentivo, per dir cosí, l'odore. A ogni modo non potevo schermirmi dal far agli ospiti, qualunque fossero, un po' d'accoglienza. Ordinai s'ammannisse un po' di merenda, o cenetta, una frittata, un po' di presciutto ecc. Ne profittarono lietamente, e dopo essersi trattenuti un'oretta, risalirono ne' loro legni, e via, sempre fra le risa e gli schiamazzi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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