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      Certo il commissario del Buon Governo, che v'arriva in casa tutto ameno e clemente, conducendo da buon padre e marito amoroso la famiglia all'aria sottile, come la lodola conduce i lodolini pel solco, mette quasi piú pensiero che a vederlo dietro il suo cancello, co' gendarmi in anticamera - tanto piú a chi ha un don Filippo al secondo piano che seguita la sua escursione leggero come la statua del commendatore Loiola.
      Non lo nego; un po' masticavo.
      Non vedevo impossibile - e l'avvenire l'insegnò se lo era! - che in questo dramma, dopo l'atto della cena, venisse la scena distinta sui libretti coll'appellativo "luogo remoto", dal quale uscisse Arbace, cioé il brigadiere di giandarmeria, con seguaci e fiaccole, e sul primo sonno mi legasse don Filippo, per finire alla scena della prigione, ed al rondò delle catene.
      Siccome non c'era da far nulla pel momento, se non osservare, mi misi a cena come il solito, col mio viso solito, e non mutando nulla alle mie solite abitudini - per questo son bravissimo - parlando del piú o del meno senz'affettazione. Col padre toccai le piú alte questioni economico-meteorologiche su questo taglio:
      - Lei che vien di Roma, ci ha piovuto?
      - Fin ora no.
      - Ci ha ad esser un gran caldo!
      - Eh! non occorre il palton (parola la cui radice è paletot) per sudare!
      Interloquisce la mamma, brava signora che da petto a reni ha un braccio e mezzo di profondità:
      - Madonna mia! neppur dopo mezzanotte per el Corzo non spira aria... ci si bolle.
      La bambina appoggia.
      - È un gran caldo.
      Io: - Caldo da morire.
      Il papà: - È un caldo terribile.
      Ottenuta l'unanimità su questo punto importante, si passa alle conseguenze economiche, e dico:
      - Quest'anno vuol andar male pel bestiame in campagna.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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