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      La gente passa, va e viene, non bada loro, e loro seguitano imperterriti. Prova che non c'entra la vanità, ma è tutto amor dell'arte.
      Ho talvolta dato retta a tali concorsi cosí senza far le viste; e devo però confessare che in tale improvviso non sembra che considerino come cosa importante dir parole che abbiano un senso; ma che basti a quei figli d'Apollo pronunziar parole che producano un ritmo.
      Il sor Fumasoni però era in una categoria poetica molto superiore; e quantunque per me la poesia estemporanea sia una gran seccatura, tuttavia ho molte volte ammirato la disinvoltura del notaio marinese a far versi, senza mai fermarsi né titubare un momento.
      L'incontravo sovente alle feste de' paesi, ed era sempre uno degli invitati al pranzo d'etichetta, ove non mancava mai il gran personaggio, o un monsignore, o un principe o duca di Roma che fossero in paese, ovvero vicini a villeggiare, poi le autorità, i grandi del luogo, poi gli amici, i parassiti, gli scrocconi, ecc. Alle frutta il monsignore, che era stato indettato, diceva: - Sor Fumasoni, su, tocca a voi; sento che siete cosí bravo, diteci qualche cosa. - Ed il Fumasoni, dopo qualche cerimonia, si alzava in piedi, ed asciugandosi il sudore - non posso nasconderlo - col tovagliolo, saliva sul caval Pegaso, e via di mezzo galoppo per una ventina di minuti senza impuntar mai; e non era affare di poco.
      C'era il monsignore da adulare assai, poi il duca o gran signore da adulare a un grado minore, poi i potenti del paese anche un po' meno, poi tutti gli altri di sfumatura in sfumatura, colle quartine galanti per le signore tramezzo, fino giú agli scrocconi, sui quali si lavorava poi a impertinenze addirittura per far ridere la brigata.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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