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      Avevo ragione di dire che il suo modo d'amare usciva dalle idee conosciute?
      Il pranzo del sor Checco ci ha servito, se non altro, a far conoscere questi due originali. Ora ci alzeremo da tavola, e si anderà innanzi nell'orario della sera.
      La siesta, che poco si usa in queste nostre iperboree contrade, e una delle piú reali necessità de' paesi meridionali. Le sue ore sono quelle del vero e piú saporito riposo: onde dal tocco alle cinque, o, come si dice colà, dalle 17 ore alle 21, silenzio universale per casa, e tutti fra le lenzuola.
      Quando poi l'ombre cominciavano ad allungarsi, s'usciva ad un'altra lavorata, però meno faticosa di quella mattutina, e con meno impicci. Per lo piú si disegnava dal vero.
      Farò ora cosí di volo un'osservazione, parlando specialmente a chi attende a simili studi e se ne interessa: questo persistente studiar dal vero per anni ed anni insegna a trovare ed esprimere la forma esatta di tutti gli oggetti, cominciando dalla nuvoletta che corre fino al filo d'erba che cresce nel fesso delle rupi. Siccome lo scopo dell'arte è ritrarre la natura in tutte le sue parti, sembra logico di studiare codeste parti onde con esse riprodurre l'insieme.
      Non nego tuttavia che questo metodo non presenti un inconveniente che è importante evitare: quello di ricercar troppo la forma, perdendo cosí quel po' d'indefinito che parte a parte si vede nel vero, e crea un bell'insieme. Perciò diremo che, dopo un lungo lavorare, chi può vantarsi di saper fare un eccellente studio, non potrà egualmente esser certo di far un quadro eccellente. Se il primo dev'essere rigorosamente vero, il secondo invece dev'essere verosimile; e nell'arte, cosa strana, talvolta l'uno esclude l'altro. Ora dunque, per esprimere l'idea semplice che deriva da queste riflessioni, prima s'ha a studiare profondamente la natura e rendersene padrone; poi cercare il modo di adoperarle: prima imparare a far uno studio, poi imparare a far un quadro.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Checco