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      - Chi è stato che t'ha menato?
      Andrea non rispose.
      L'altro se gli accosta, alza la voce, dubitando venisse meno al giovane l'udito coll'appressarsi della morte, e rinnova la domanda.
      Nessuna risposta. S'unisce allora la madre, il prete si fa avanti, tutti rinnovano l'istanza onde ottenerla. Alla fine Andrea, con qualche sforzo dice:
      - No, no, gli perdono...
      - Ma, figlio mio, - dice il giudice, - la vostra intenzione è santa, però la giustizia deve avere il suo corso...
      E Andrea di no colla testa, e zitto.
      - Figlio benedetto, va bene che vuoi perdonare, - dice la madre, - ma dimmi un po'? s'avranno a ammazzar li cristiani a questa maniera, e neppur sapere chi è stato?
      E Andrea duro.
      Si prova allora il prete.
      - Io sono consolato, figliolo, a vedere che sei buon cristiano, e che perdoni come ha perdonato Nostro Signore. Ma coll'autorità che mi compete come sacerdote e tuo curato, ti dico che è obbligo tuo, non per vendetta contro chi t'ha offeso, ma per ubbidienza alle leggi, di svelare il nome dell'uccisore. Dillo dunque e non dubitare che Dio ti terrà conto all'istessa maniera della tua buona intenzione e del tuo perdono. Su dunque, di' quello nome, dillo che tu si' benedetto...
      Andrea parve risolversi finalmente a parlare; la quantità del sangue che perdeva gli rendeva piú libero l'anelito, onde rispose con minor affanno:
      - Sor canonico mio, abbiate pacienza, propio non ve lo pozzo dine... è un bravo giovanotto... el cortello gli sta bene in mano... m'ha menato troppo bene... vedete.. me n'ha data una, e m'ha gelato!...
      - Ma questa non è ragione, - rispondono tutti; - che c'entra questo discorso colla giustizia, colla legge?...
      - No, no, sor canonico... non ve lo pozzo propio dine... Si sa.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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