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      Si figuri un pover uomo che torna a casa la sera, piú stanco che riposato di certo; c'è da far bollire il paiuolo, bere, rigovernare quelle poche stoviglie, e il padre essendo stanco si manda per lo piú per l'acqua qualche bambino o bambina piú grandicella. Ora che sia riuscita a far salire quella benedetta secchia fino in soffitta le lascio pensare che lavoro sia. E chi ha cuore di rimandarla giú per provvedere al lavarsi di quattro o cinque persone? Si resta da lavare ed è naturale.
      E se questa povera gente avesse bagni a portata della sua borsa, come sono altrove, qual refrigerio, qual benessere nei gran caldi, qual benefizio in genere per la pulizia e per la sanità?
      Non parlo della bellezza di veder sulle piazze delle eleganti e ricche fontane!
      Sarebbe bene, secondo me, un po' meno paroloni sul popolo, e pensare un po' piú a dargli le cose di prima necessità.
      Ma già questo benedetto popolo è un po' come le anime del Purgatorio, che servono punto primo a cavare le elemosine; quanto a cavarle di guai prima o poi, a questo c'è sempre tempo a pensarci.
      Oh! ora mi par di sentirmi meglio, che mi son data una buona sfogata! da un pezzo avevo nel gozzo questa faccenda dell'acqua, e se non me ne liberavo, finiva in una malattia.
      Ciò detto, eccomi di nuovo al mio viaggio in mezzo alla campagna di Roma, ai ruderi ed agli acquedotti, cagione prima del mio bel movimento oratorio contro la nostra idrofoba trascuranza. Noterò qui di passaggio un fenomeno che nelle ore piú calde appare in quelle regioni. Tutte le cose poste a fior di terra o che appaiono cosí per la lontananza si mostrano agitare da un continuo tremolio; è una specie di mirage che la prima volta pare molto strano.
      S'erano fatte circa due miglia, ed il cartolaio ed io s'andava sonnecchiando, quando in un momento che avevo un po' schiuse le palpebre vedo rizzarsi da un fosso nel quale stava appiattato un giovanotto alto e robusto che viene alla testa dei cavalli.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Purgatorio Roma