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      Ma, per esser giusto, non debbo accusarli d'essersi mostrati troppo insistenti su questo particolare; poi credo che in questo caso si anderebbe piú sul sicuro a poter sapere quel che ne pensino i nemici. Onde lascio stare quest'argomento.
      Ecco, invece, i motivi che mi mossero a scrivere.
      Io son arrivato, si può dire, tutto d'un fiato sino alla mia età di sessantaquattr'anni, senza mai aver avuto tempo, sto per dire, di voltarmi indietro. Giova oramai gettare uno sguardo sulla via corsa. È esercizio moralmente salubre usare il freddo e tranquillo criterio dell'età matura a giudicare gli atti della giovinezza e della virilità. E se il farsi da sé in certo modo il processo è utile a noi stessi, perché non potrebbe esserlo ad altri egualmente, purché il giudice sia giusto, illuminato e sincero? Resta a vedersi se saprò io poi esser tale. Senza pronunziare un sí troppo risoluto mi contento di dire che lo spero, e vi porrò ogni studio.
      Tuttavia non è male che, per prima prova di sincerità e di giustizia dia al lettore questo consiglio. Quando dirò male di me, creda pur troppo ad occhi chiusi; quando ne dirò bene, gli tenga aperti. Ora dunque, onde rendere utile altrui, e piú di tutto alla nuova generazione, l'opera mia, ecco in qual modo ho pensato ordinarla e dividerla.
      Intendo non tanto narrare le mie vicende, quanto fare di me uno studio morale e psicologico, cercando di conoscermi e di descrivere a fondo la natura mia, il mio carattere nelle sue successive modificazioni; rintracciando al tempo stesso le cause obiettive o subiettive che lo migliorarono talvolta, e tal altra lo resero peggiore. S'io non prendo errore, questa specie di autopsia morale riuscirà tutt'altro che inutile, sia a chi educa gli altri, sia a coloro che comprendono dovere ogni uomo sino all'ultimo suo giorno attendere ad educare se stesso.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890