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      Ma non mi basta studiare me ed ingegnarmi di cavare da questo studio utili ammaestramenti. Io spero poter offrire a chi vorrà leggermi assai miglior derrata che non sono io.
      Ebbi alla vita mia ad incontrarmi con grandissimo numero di persone. Volle la mia fortuna che fra queste s'annoverassero uomini di primordine, bellissimi ingegni, alti cuori e rari caratteri. Io spero riuscire a formare de' loro ritratti una galleria, ricca di nobili modelli. Volesse Iddio ch'essa ne producesse un'altra ricca egualmente, quella de' loro imitatori!
      Nella mia lunga carriera io mi sono imbattuto in anime di veri eroi. Ma intendiamoci. Io chiamo eroi quelli che sacrificano sé agli altri: non già quelli che sacrificano gli altri a sé. Non avrò dunque a porre innanzi nessun modello che rassomigli neppure alla lontana a quei grandi tormentatori della nostra specie, che essa adora ed ammira in ragione diretta del male che le fanno. No. I miei eroi la piú parte ignorati, tutti vittime e nessuno carnefice, appartennero ad ogni classe; ché la Dio grazia, se l'umanità non è quale dovrebb'essere, non è neppur composta solo d'inetti o di scellerati, come credono gli Eracliti di tutte le epoche.
      Qui poi ho una fortuna tutta mia. Per trovare anime elette, degne d'essere poste in luce quali modelli di nobile sagrificio ed intemerata vita, non ho da andar fuori di casa mia; né saprei meglio principiare questo studio critico di molte vite fra le quali la mia è posta soltanto onde serva d'orditura a piú degno tessuto, non saprei, dico, meglio principiarlo che da mio padre e mia madre.
      Io vorrei poter porre i loro nomi sopra monumento ben piú durevole ed illustre che non sono queste povere pagine, ch'io dedico alla loro cara ed onorata memoria; ma il far di piú non è in poter mio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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