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      Conosco benissimo che non potrà il lettore dividere interamente i miei sentimenti, ma non per questo voglio punto indebolirne l'espressione. Mentirei, cosí facendo, al mio cuore ed alla coscienza mia; violerei quella legge di dire intera la verità che mi sono imposta. Mi parrebbe quasi rinnegare il culto che professo per chi mi diede la vita, e mi diede, che è ben altra cosa, tutto quel poco che può essere di buono in me. Né mi fece mai vedere atto, mai udir parola che non dovesse riuscirmi di virtuoso esempio. Qual uomo di cuore potrebbe sapermi malgrado di questo mio sentire?
      Altra avvertenza. Io non vorrei che questo fosse un libro politico o di circostanza; e se riesco nel mio intento e nel mio lavoro, certo non lo sarà. So bene quanto sia difficile ad uno scrittore non esser piú o meno tinto del colore della sua epoca. Si può anzi dire che a lavarsene affatto sia impossibile, e forse nemmeno è desiderabile. Ma io ho sempre tanto cercato nella mia vita politica di conoscere e seguire esclusivamente il vero ed il giusto, senza passione di parte e senza occuparmi se ciò piacesse o dispiacesse; ho tanto inveterata in me l'abitudine di chiamare uom dabbene o ribaldo chi credo tale realmente, e non chi appartiene ad un partito o ad un altro (e per questo son riuscito a venire in uggia a tutti); ho tanto cercato di scoprire ed applicare, quando potetti, le leggi elementari che servono a fondare, mantenere e far prosperare le nazioni, senza occuparmi d'interessi, di passioncelle, di miserie volgari, che quasi ho speranza ottenere il mio desiderio e lasciare a chi vien dopo qualche pagina che possa esser letta senza troppo fastidio, anche in circostanze ed in epoche ben diverse dalle presenti.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890