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      Mi rimane ora a manifestare l'ultimo de' motivi di questo scritto; e, certamente, il meno importante, poiché mi è interamente personale. Debbo quindi invocare in suo favore tutta la cortesia del lettore.
      La mia famiglia, secondo ogni probabilità, sta per estinguersi, e sono ben lungi dal metter questo fatto fra le sciagure di Stato. Anzi, a dirla nell'interesse nostro privato, preferisco vederla finire adesso con onore, poiché le tre ultime generazioni (posso affermarlo francamente) non contarono se non uomini onesti ed onorati, preferisco questo al pericolo di terminare piú in là con qualche marchesino imbecille, come può accadere benissimo, e forse con peggio.
      Anco Dante dice nel Purgatorio:
     
      O Ugolin de' Fantolin, sicuro
      È il nome tuo, da che piú non s'aspettaChi far lo possa, tralignando, oscuro.(6)
     
      Onde questo mio sentire sta in buona compagnia.
      Ma, a ogni modo, è nella nostra natura la ripugnanza alla distruzione, e piú ancora all'oblio. Io non potrei sostenere l'idea che in un paese da me tanto amato, e tanto amato e servito dai miei, fra pochi anni nessuno neppur piú sapesse che siamo stati di questo mondo.
      Ora, dunque, è mio disegno che questo scritto serva tutt'insieme a descrivere la mia vita, a narrare i fatti delle persone degne, che o m'appartennero ovvero incontrai; e, finalmente, che sia una specie di breve monografia di casa nostra e non ne lasci cosí subito perire la memoria nel cuore de' miei concittadini.
      Sento purtroppo non essere io fra que' cigni che l'Ariosto dipinge soli capaci di salvare i nomi che lo meritarono, dall'onde del'oblio. Ma quello che io non potrei fare, perché non lo potrebbe la benevolenza che trovai in tanti coetanei, e che può divenire retaggio (e lo spero) dei loro figli e dei loro nepoti?


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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