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      Come si vede, la sua condotta non sembrava poi tanto scioperata né alla famiglia, né alla buona società d'allora. Curiosa società! della quale s'è ora perduta ogn'idea ed ogni tradizione, che non vorrei certamente vedere nel suo complesso ripristinata, ma che a noi tanto mutati, tanto alieni dalle idee di quei tempi, può pure dar materia a riflessioni interessanti, come ad impreviste conclusioni.
      La nobiltà in Piemonte nel secolo scorso ed al principio di questo, piú che tirannica, era fastidiosa. Sono certo che piú d'una volta le sarà accaduto, signor lettore, d'aver da fare con persona che non mancasse in nulla, trattando con lei, al piú stretto dovere di cortesia, che non le dicesse cosa della quale trovasse modo a potersi lagnare, senza parere ridicolo per esagerato puntiglio; ma che al tempo stesso emanasse talmente da tutta la persona un "fatti in là" cosí chiaro, un "io son io e tu non conti nulla" cosí patente, che non essendovi modo né d'adirarsene né di tollerarlo, non le paresse vero d'andarsene fuori di tiro, e non lasciarvisi mai piú cogliere, se la cosa era possibile.
      Tale effetto produceva la nobiltà in Piemonte. Di qui, quella divisione delle classi che appena ora comincia a sparire.
      Ma se aveva difetti, ebbe pure doti, e si serbò operosa ed energica, mentre in Italia le altre eran fedelmente ritratte nei Florindi e nelle Rosaure del Goldoni. E perché ciò? Perché era di continuo in guerra (solamente nel secolo passato ne furon tre cui partecipò il Piemonte) e perché la guerra è moralmente piú salutare ai popoli che le lunghe paci. La fedeltà ad un dovere difficile e pericoloso tempra gli animi e li rende atti a far bene e fortemente anche fuori dell'armi. Esempio: Alfieri, il quale narra aver preso d'assalto la grammatica greca, come avrebbe vinto una breccia quand'era soldato.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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