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      Fra loro è fatto comune una conversione. Ogni veggente, sia furbo o convinto, vi trova tosto gente devota, che pel suo dogma accetta sacrifici e privazioni.
      Venga invece in Italia un di costoro. Predichi in piazza; avrà quell'uditorio medesimo che hanno i saltimbanchi e che, finito il sermone, si scioglierà, alzando le spalle e dicendo in piemontese: - A l'a bon temp -. In italiano: - È matto!
      A prima vista, dovremmo dunque dire: "Si vale assai piú noi che non ci lasciam corbellare"; ma ad andare in fondo alla cosa che si trova?
      Si trova che la razza piú forte, piú morale, piú dominante non è la latina con tutto il suo talento, ma è l'anglo-sassone!
      Ciò prova che non è l'ingegno sottile (l'esprit) quello che forma le nazioni, bensí sono gli austeri e fermi caratteri; che con gente capace di morire per una fede anche storta e stramba, c'è qualche cosa da fare; con gente, invece, non persuasa di nulla, in nome di che o di chi riuscirete a farla muovere, a farla operare, a farla morire? Il dubbio è un gran scappafatica; lo direi quasi il vero padre del dolce far niente italiano.
      Qui però la nave rompe allo scoglio che dianzi accennavo! Può una nazione, come un individuo, dire: - io voglio aver fede? - E, se non lo può, a che i rimproveri?
      Io non vorrei imitare coloro che, ad ogni malanno, ad ogni guaio che li offenda, se la prendono coi preti e con Roma. Siamo indulgenti con tutti, anco co' preti! Il clericato nel medio evo fu esposto ad una tentazione cosí potente, che resistervi era forse una virtú superiore alle forze umane. Aver in mano la croce, poter con una parola mutarla nello scettro del mondo, e non pronunziare questa parola! Chi si sentisse da tanto, scagli primo la pietra.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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