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      Ma, secondo le idee d'allora, senza prete non si poteva stare. Bisognò dunque cercarne un altro; e siccome il primo era stato fissato senza che si conoscessero abbastanza le sue capacità, si durò piú fatica e furono impiegate maggiori diligenze per trovare il secondo.
      Finalmente, anche il secondo prete fu trovato, sul quale tutti i riscontri erano favorevoli. Difatti, don Andreis di Dronero era l'anima piú candida, piú virtuosa che si potesse desiderare; ma altrettanto corto. Proprio non capiva se era vivo.
      Questo prete dabbene me l'ebbi da godere per cinque anni. In fatto d'educazione, di tatto, d'opportunità, di maniera di prendermi, ecc., non ne indovinava una; io m'avvedevo delle sue scioccherie, e gliene facevo dire ogni dí piú con cento malizie e cento raggiri. Si può quindi immaginare quale stima avessi di lui e quale autorità morale potesse esercitare sull'animo mio.
      Come prete, egli era di setta gesuitica, e mi oppresse di pratiche divote. Ecco la mia giornata religiosa d'allora. La mattina (l'inverno innanzi giorno), egli diceva la messa ed io gliela servivo. A mezza mattina, lettura spirituale: prima di pranzo, esame di coscienza: dopo pranzo, visita ad una chiesa e benedizione: la sera raramente mancava di qualche triduo o novena: poi, le orazioni e a letto. Fino all'indomani, se Dio vuole, mi lasciava in pace. In uno stadio di maggior fervore (me n'ero scordato) bisognava fra giorno trovare il tempo per una mezz'oretta di meditazione. E lo scopo di tutto questo sistema era di farmi prender gusto alla divozione!
      Ai cavalli per avvezzarli allo strepito dell'armi da fuoco, c'è chi usa sparar loro dappresso una pistola al momento che compare la biada. Ma il mio prete seguiva altre teorie; e per farmi trovar saporita la messa, mi faceva alzar dal letto col lume, e infreddito, insonnolito, andargliela a servire in una cappella scura e malinconica.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Andreis Dronero Dio