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      Mettiamo un po' avanti anche quelle leggi e quelle consuetudini che servono di documento all'importanza che attribuivano i Romani al rispetto di ciò che è rispettabile. L'accordo che finí la guerra tra i Romani e i Sabini portava che nessun Romano potesse mostrarsi ad una donna sabina interamente spogliato. Ad ogni donna gravida era dovuto un saluto da chi l'incontrava. Il rispetto alla religione, alla città ed alla legge, all'autorità paterna, ai fasci consolari, ai magistrati, ai tribuni, ci vien confermato da centinaia d'esempi: Nassia consolo coi littori incontra per via il padre a cavallo e gl'impone di scendere per rispetto del primo magistrato.
      E quando invece il console Duilio, presi gli augurii prima di combattere e dettogli che i polli non beccavano, rispose: "Vediamo se volessero bere," e li fece gettar in mare, non si mostrò uomo di testa né di Stato.
      Ed i Romani, dai Gracchi in poi, perduto a mano a mano il rispetto alle suddette cose, si trovarono poi, cadendo di grado in grado, venuti cosí bassi da dover poi rispettare Tiberio, Nerone e i loro simili; ed a chi se ne fosse scordato, la lex majestatis serviva a rinfrescar la memoria.
      Ora, riassumendo i fatti e le riflessioni sovra esposte, mi sembra si possa concluderne, che il senso del rispetto a ciò che è rispettabile sia il terzo elemento d'una buona educazione da aggiungersi agli altri due che già accennammo; vale a dire: all'ubbidienza, all'autorità legale e alla fortezza della volontà.
      Grazie a mio padre, non ero, all'età circa di dodici anni sprovvisto del tutto di questa fortezza, e m'ero altresí piegato all'ubbidienza; ma il mio prete, col suo corto ingegno e discreto zelo, aveva soffocato in me il senso del rispetto; ciò che equivaleva all'avermi dotato d'una gran dose di presunzione.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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