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      Dove s'arrivava col reggimento era una calamità: i caffè e le trattorie ove s'andava erano presto vuote d'altri avventori, ed i chiassi, i fracassi, il guardar d'alto in basso il pékin, ci rendeva pesanti ed antipatici; e chi vede gli ufficiali dell'esercito attuale, vede monachelle a petto di quello che eravam noi.
      Una sera, si figuri! ad un ballo in maschera al teatro Carignano dove era venuta pochissima gente, onde la sala era, si può dir, vuota, ecco l'inclita guarnigione che si mette in capo di cacciar quel poco pubblico che pur c'era, spegner i lumi e chiudere il teatro! Programma eseguito subito ed a puntino. Dica la Musa gli spintoni, i pugni, gli strilli, le ingiurie, gli schiamazzi che produsse questa bell'impresa, la quale mi parve un po' grossa persino a me: e sembrò tale anche piú l'indomani ai capi di corpo, che all'Ordine ci dissero quello che ci si meritava ed avrebbero dovuto farci altrettanto, e piú.
      Un'altra volta il pubblico torinese fu rallegrato da uno spettacolo, che ebbe però me solo per inventore ed attore.
      La compagnia nella quale mi deliziavo, composta d'individui dei due sessi, che la grazia moderna chiama gentilmente demimonde, e che noi, piú primitivi, si chiamava allora altrimenti, usava spesso andare a far pranzi (baracche, in lingua di quartiere) in campagna, alle osterie del suburbio, come dicono i pedanti. Io avevo allora due cavalli ed un legnetto. Una domenica, mentre era piú affollata la passeggiata del dopopranzo, eccoti arrivare di galoppo il detto legno con entro due signorine molto conosciute per il loro carattere conciliante, e condotte dal cavalier Massimo alla Daumont!
      Quest'apparizione fece chiasso in città e nel parentado, e la mia riputazione di birichino ne andò ancor piú su dell'alto punto al quale già si trovava giunta.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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