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      Vivendo, ho imparato che una fra quante approvazioni può ottener l'uomo, è la vera, la buona, la sola da cercarsi, quella che vi mantien dolce la bocca, e vi fa trovar soffice il capezzale, ed è l'approvazione del giudice che ci portiamo tutti nel cuore, quando ci dice: - hai fatto il tuo dovere! - M'e accaduto di venir lodato e portato a cielo da tutti, mentre il giudice mi diceva - tu non lo meriti, - e sentirmi la bocca amara, e andando a letto la guancia trafitta come da un capezzale di spine, malgrado tutti gli evviva e tutti i bravo!
      Ma a diciassett'anni non avevo provato nulla di nulla, e l'idea della lode, della gloria, della fama mi facea battere piú rapidi i polsi. Bidone che se n'avvedeva, mi stuzzicava l'amor proprio, dicendomi che, pur di volere, avrei potuto far molto. Cosí m'accendevo, mi veniva l'acqua alla bocca colla speranza d'andar forse.... chi sa.... persino per le gazzette (cara, ora, questa delizia!), cominciavo a ripassare nella mia mente tutte le vie, le forme, i modi d'arrivarvi: cominciavo ad interrogare le mie inclinazioni, i miei desideri, le mie tendenze, a cercare d'indovinare le possibilità dell'avvenire; deciso poi finalmente a fare, restava da decidere che cosa dovessi fare.
      Di scienze esatte inutile discorrerne: lo sapeva il povero Bidone, che insegnandomi le matematiche, non aveva ottenuto mai ch'io fossi franco neppure sulle quattro operazioni d'aritmetica. Rimaneva però tutto il resto dello scibile; ed egli, quando gli dicevo - che cosa debbo fare? - mi rispondeva: - Faccia!
      Impara l'arte e mettila da parte, era proverbio che pareva inventato da lui: come era sua massima che ogni uomo deve avere in se stesso il modo di guadagnarsi il pane senza dipendere da entrate, impieghi, ecc. ecc., non però che spingesse la teoria sino a voler che una persona educata sapesse fare il falegname come l'Emilio.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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