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      Sublimi età che profetando andavi!
     
      Chi avesse detto al Vate nell'orecchio: "I Galli saranno la potente ed immediata cagione del trionfo della nazionalità italiana. Li guiderà il nipote di quello che ha firmata la pace di Campoformio: e la stampa italiana esistente nella "sublime età che profetando vai", dirà a Lui ed alla Francia una filza d'impertinenze, in segno di tenera gratitudine!"
      Sarei curioso di sapere che cosa avrebbe detto l'onesto e generoso Alfieri a questa controprofezia! Non so che cosa avrebbe detto lui: ma so bene quello che sarei tentato di dirgli io, se avessi l'onore di trovarmi al suo cospetto, ora grande quale sono, come mi ci trovai da piccinino. Gli direi: "Signor Conte, mi permetta un eccesso di sincerità: di queste mostruosità (tutti capiscono di che farina siano le sferzate della stampa italiana a Napoleone) n'è un po' cagione anche lei; come n'è cagione quel bizzarro impasto di idee pagane, immorali, fuori d'ogni ragionevole applicazione per noi moderni, che però è stato il condimento o meglio il succhio fecondante della nostra educazione; e si può aggiungere altresí della sua."
      Se almeno c'insegnassero a giudicare ed a capire codesti fatti! Se ci avessero detto, verbigrazia: niente può scusare l'assassinio, perché è tradimento, e perché è esecuzione d'una sentenza emanata da tribunale incompetente, e senza processo; tuttavia Alessandro di Fere, Nabide spartano, Agatocle, Falaride e Dionigi siciliani, Nerone, Commodo ecc. ecc., erano bestiacce talmente cattive, talmente potenti, talmente guardate, che si può concedere le circostanze attenuanti a chi in un modo o nell'altro poté sbarazzarne il mondo. Ma questi tiranni non s'usano piú (non parlo dei terroristi di Francia che stimo eccezione): non si fanno piú tori di rame, non si cuciono in un sacco piú i vivi coi cadaveri; e per qualche tirannello moderno ci sono molte altre vie d'uscir d'impaccio: vie tanto piú efficaci quanto piú sono leali ed oneste.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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