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      Egli cercava d'aumentare la ricchezza pubblica tanto colpita dalla passata amministrazione: capiva benissimo, che i rami inariditi di questa ricchezza non è agevole né breve impresa il rinverdirli: era dunque suo studio l'allettare i forestieri, affinché si trattenessero in Roma. Pur troppo, in difetto d'altre industrie, l'Italia da Firenze in giú, ha esercitato per un pezzo quella del locandiere!
      Quindi ogni qual volta un povero impiegato romano voleva opporsi alle soverchierie di un forestiere, questi non mancava mai d'esclamare - anderò da Consalvi. - E purtroppo Consalvi in genere dava torto all'impiegato fedele, e ragione all'impertinente forestiere.
      Per questo pregavo Iddio che salvasse gli Svizzeri dalle eminentissime mani.
      Ma se il cuore mi faceva odiare il giogo straniero, l'intelletto non m'indicava nessun mezzo per ispezzarlo. Anche sui vent'anni, capivo già che i reggimenti austriaci non si mandavano oltr'alpe colle vendite de' carbonari e molto meno coi loro pugnali. Erano ancora lontani i tempi ne' quali doveva apparirmi la possibilità di una soluzione a questo gran problema.
      Allora invece le ombre di villa Borghese, come tanti altri luoghi, furono le confidenti delle mie tristezze, delle mie lacrime talvolta, per le nostre onte, che giudicavo sempiterne.
      E quasi l'arti, le lettere, la politica non bastassero a mettermi il cuore e la fantasia a soqquadro, vi s'aggiungeva l'amore....
      E se lei mi dicesse "era innamorato?" - "Io nemmen per ombra", risponderei. E questo era appunto il mio tormento, essere innamorato e non saper di chi.
      In ogni autobiografia, quando siamo sui venti anni, si presenta naturalmente l'amore. Non è argomento da uscirne con quattro parole. Ci vuole un capitolo a parte, e sarà il quindicesimo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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