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      CAPITOLO XV
     
      Tutti i politeismi posero l'amore fra le divinità. Presso i Cristiani è in certo modo Iddio stesso e la sua essenza prima; cosí c'insegnano.
      Ma questo amore è il piú inesplicabile degli arcani. - Vous m'aimez, vous êtes roi et je pars! - diceva a Luigi XIV Olimpia Mancini, partendo dalla Corte per volere dello zio cardinal Mazarino.
      Voi mi amate, voi siete Iddio, ed io soffro! Questo dice purtroppo la povera anima umana. Ma che giova? La chiave di questo mistero non si trova in terra. Speriamo trovarla in cielo.
      L'intelletto, guida inesperta, inutile in simile labirinto, ci lascia soli in mezzo alle tenebre. Seguiamo piuttosto il cuore. Chi concepirebbe coll'intelletto, chi spiegherebbe con le parole quel primo amore innanzi al quale "non fur cose create?" Iddio si sente e non si concepisce né si spiega: si sente come l'amore infinito, come il motore dell'universo; si sente come una protezione, come un rifugio; si sente buono, si sente autore per noi d'un avvenire eterno, inesplicato, chiuso ai mortali; ma felice, avventurato, giusto e ragionevole, degno infine d'avere per autore Iddio. Dunque fiducia, cuor sincero, e gettarsi animosi in quell'abisso ove scomparvero prima di noi già tante generazioni.
      Se poi lei mi dicesse: "io non sento questo vostro Iddio"; risponderei: "me ne dispiace, ma non so che farci".
      Ma codesto amore, l'amor di Dio per la sua creatura, e di questa pel suo creatore, se è il primo, non è il solo. Qui i problemi si moltiplicano. Che cosa è nel cuor dell'uomo l'amore? L'amore di sé, degli altri, delle idee, delle cose? Qual è l'amor vero, quale il falso? Qual è l'amor virtuoso, quale l'iniquo? Quale il nobile, il generoso, quale il turpe, l'abominevole ecc. ecc. ecc.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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