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      E questa grande operazione portò alle stelle la mia fama di gran cavaliere.
      Dopo il moto del cavallo, me n'andavo allo studio, e lavoravo fino a ora di pranzo, disegnando, dipingendo dal modello, studiando anatomia o dell'uomo o del cavallo, cominciando dall'osseologia, eseguendo a contorni lo scheletro, osso per osso, e poi vestendoli di muscoli con molta diligenza. Dopo pranzo andavo all'accademia del nudo, tenuta da Antonio, modello, che tutti gli artisti non giovani hanno conosciuto. Non bello di viso, ma bellissimo di forme, vero tipo di quell'antica razza che popola i bassirilievi della Colonna Traiana. Antonio era un bonissimo uomo, s'interessava all'arte; ai giovani che studiavano e mancavano di mezzi faceva credito, li aiutava anzi talvolta del suo; mi ricordo persino che un giorno vendette un paio di posate, suo solo tesoro, per un pittoruccio ridotto in secco; e chi sa se mai piú di que' denari ne rivide l'impronta! È vero che il sor Antonio, in un momento di vivacità, aveva ammazzato suo fratello! Non si può esser perfetti!
      Il nudo finiva alle nove della sera, ora, per chi si leva presto, d'andare a casa e a letto.
      Questo si chiamava lavorare, e lavoravo certo di voglia. Ero in un impegno, e bisognava uscirne presto e bene. Dopo aver voluto aver ragione io contro tanti, dopo aver io il primo voluto mutare le tradizioni patrie, non si poteva tardar troppo a dar segno di sé a chi stava coll'arco teso per trafiggermi se non riescivo nella mia impresa. Conobbi quindi ch'era indispensabile mettere insieme un quadro e mandarlo come saggio de' progressi fatti, e caparra di progressi da fare.
      Mi stillai il cervello per trovare un soggetto ed un partito che non esigesse troppa scienza; e valendomi de' miei pochi studi, combinai un quadro con un castello a diritta tutto in ombra ed a sinistra uno sfondo col Soratte in lontano.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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