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      Di tutto il mobilio era rimasto solo un inginocchiatoio, che per fortuna aveva un cassetto e la sua chiavetta da chiudersi, e un vecchio seggiolone di cuoio a braccioli. Quanto a letti ed ogni altra cosa, è detto in una parola, niente.
      Ma a tutto c'è rimedio fuorché alla morte. Si trovarono due sacchi del rubbio, a nolo, e si comprò tanta paglia da empirli; un paio di lenzuola s'erano portate, e messi i sacchi in terra, coperti colle lenzuola bianche, la camera da letto ebbe subito un aspetto decente; una tavola, tanto per non mangiare in terra, s'ebbe. Non mi ricordo come, e perciò non lo dico - non voglio dir bugie neppure in questo - e cosí considerammo come bastantemente provvisto alle prime nostre necessità, per quella sera.
      Rimaneva però pendente un gran problema, quello di mettere il somaro in luogo chiuso per la nottata, non essendo Castel Sant'Elia paese di soli galantuomini, ed anzi dalle facce potendosi sospettare l'estremo opposto. Ma anche a questo si trovò rimedio. Io presi l'asino per la cavezza, ed il suo padrone spingendolo e punzecchiandolo di dietro lo prese per la coda. Gli si fece salire quella ventina di scalini che conducevano al piano nobile. Qui legatolo alla meglio, in sala, gli si lasciò un fascio d'erba, colla felice notte, e ce n'andammo nella camera vicina a dormire su' nostri sacchi anche noi. La porta di sala si chiuse con una stanga a traverso raccomandata ad una corda attorcigliata, che pendeva dal buco ove un giorno era stata la toppa; s'ebbe il sonno della stanchezza e della gioventú, anche piú riposato di quello dell'innocenza; se non che un balzo ci fece saltare su' nostri sacchi, ad una esplosione sonora, che tra la veglia e il sonno ci parve la tromba del dí finale.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Castel Sant'Elia