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      Io forse diedi troppo al primo stadio, e troppo poco al secondo; mentre per far bene, si deve lasciare spazio conveniente ad ognuno di loro.
      Ora se ne lascia troppo poco al primo. Ma l'arte è tutt'altra da quello che fu trent'anni sono; essa procede da altri impulsi, vive in altri ambienti, e stretta da altre necessità. Quella maledetta frase che ha ingannata, e fatta morire o vivere di stento tanta gente - proteggere le belle arti! - frase che si credette ridurre a fatto coll'istituire le Accademie di Belle Arti, porta ora i suoi frutti.
      A forza di fabbricare artisti, l'arte è dovuta diventare un'industria; e siccome in essa è assai piú l'offerta che la domanda, s'è dovuto pensare a provvedere a quella massa di lavoranti necessariamente a spasso. A questo effetto, le buone persone di molte città hanno istituite le società promotrici, veri luoghi pii: ed i governi concorrono alle spese, ed impiegano i denari dei contribuenti ad acquisti, che scampano quella massa d'artisti, i quali secondo le regole economiche, sarebbero giustamente disoccupati, dal morire letteralmente di fame. Ed anch'io quand'ero ministro feci come gli altri: che Dio ed i contribuenti mi perdonino il mio peccato!
      Ma proprio, par impossibile a vedere certe volte come gli uomini sono zucconi. Ed il piú bello è che oggi non si discorre che di leggi economiche, di libero commercio, di valor reale, di domanda e d'offerte! Facciamo un'ipotesi.
      Suppongo una città di 50.000 anime: dunque circa venticinquemila maschi, quindicimila adulti, e perciò circa quindicimila teste che chiedono un cappello. Ci sono cappellai che li provvedono; se il lavoro cresce, chiamano altri garzoni; se cala, li rimandano, e questi cercano nuovo cielo.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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