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      Ma siccome quest'avvenire è ancora molto lontano, e gli eserciti, i cannoni rigati, i monitors fioriscono piú che mai nel bel giardino della civiltà cristiana, è bene che la nuova generazione s'imprima profondamente nell'animo il rispetto, il culto, l'idolatria, e se si vuole, la superstizione della propria bandiera. Se questo sentimento non fosse molto sviluppato in certe province d'Italia, non sarebbe né da stupirsene né da vedere in ciò una colpa! Chi diamine poteva palpitare alla vista della bandiera estense di Francesco IV, della borbonica del duchino di Parma, di quella delle Chiavi, ecc. ecc.?
      Ma ora, vivaddio, che c'è la bandiera italiana, sia opera di tutti, giovani e vecchi, grandi e piccoli, di spargerne, di fondarne il culto. Sia sentimento di tutti che la bandiera rappresenta l'Italia, la patria, la libertà, l'indipendenza, la giustizia, la dignità, l'onore di ventidue milioni di concittadini; che per questo la bandiera non si abbassa, non si macchia, non s'abbandona mai, e che piuttosto si muore.
      Questo devono imprimersi nell'animo i giovani, e farsene una seconda natura.
      La rivoluzione militare del '21 fu caso non mai udito ch'io sappia nell'esercito nostro, e poteva essere di fatale esempio. Per fortuna rimase solo, qual trista memoria d'un'aberrazione eccezionale; e cosí il Piemonte, e certamente oramai l'Italia tutta intera sfuggirà al disgraziato destino d'alcuni paesi resi schiavi e lacerati dalle insurrezioni militari, e ridotti in brani, disputati poi da volgari ambiziosi.
      Dio ce ne scampi sempre.
      Son ben contento che in questa colpa d'aver rotta fede alla bandiera, non sia caduto nessuno dei miei fratelli. Roberto non era militare; ed Enrico, che era, le rimase fedele.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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