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      Sopra un'altra piazzetta, là dove finisce la rupe e comincia il terreno del monte, è la chiesa, la fontana, un piccolo caffè, ed il meglio del caseggiato.
      La casa mia era l'ultima, giú, in fondo alla scesa a mano manca, e v'era l'intervallo di duecento passi fra essa ed il sottoposto convento.
      Qui non si trattava piú d'una casa saccheggiata come a Castel Sant'Elia. Avevo due camere pulite al primo piano. L'una metteva sulla strada, l'altra sull'aperto, essendo, come dissi, l'estremità del paese. Me l'affittava una vedova di mezz'età, di quella classe di contadini, o come là si dice, di villani, che è affatto speciale a varie parti d'Italia, e piú a' castelli dell'agro romano, mentre è sconosciuta affatto tra noi.
      Se le villane di tutta Italia fossero come codeste, il loro nome di sostantivo ch'egli è, non si sarebbe mai mutato in aggettivo.
      Ecco in che consiste la loro specialità.
      Fra noi ed in piú luoghi, la contadina è né piú né meno, la moglie, anzi la femmina del contadino; come la gallina è la femmina del gallo; col quale, meno il sesso, ha vita, nutrimento, abitudini, tutto comune. Quest'uguaglianza anzi, in certi luoghi vien rotta a danno della povera femmina. Qui, per esempio, sul Lago Maggiore dove sto, se c'è da portare da uno de' paesetti a mezzo monte sin giú alla riva, puta, un fascio di legna, od un mazzo di pollastri, il lavoro in famiglia si distribuisce cosí: la moglie si carica del fascio di legna che peserà mezzo quintale, ed il marito prenderà i pollastri che pesano un paio di chili(15). In montagna generalmente è cosí.
      La qual cosa prova che la galanteria verso il bel sesso è d'istituzione interamente umana, i galli ed i piccioni eccettuati.
      Invece la villana della montagna di là è, generalmente moglie d'un villano, che ha del suo la casa dove abita e qualche pezzo di vigna o di campo, piú o meno lontano dal paese.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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