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      Il clima aggrava la fatica della coltivazione, al punto da renderne incapaci le donne. Oltre di che, non essendovi case sparse come altrove, ma tutta la popolazione riunita ne' castelli, non fa bel girare a tutte l'ore in campagna per le donne; il piú delle volte, singolarmente belle.
      Per conseguenza è invalso l'uso che il marito se ne parte dal paese (l'estate a mezzanotte) colla vanga e lo schioppo (inseparabili) in ispalla, e va a lavorare la campagna; la moglie non esce mai, si può dire, di casa, attende alla famiglia ed alle faccende domestiche. Quindi il marito è cotto bruciato dal sole, peloso e nero come un caprone; ha le mani callose che paiono artigli d'aquila, i muscoli sporgenti per il continuo esercitarsi; mentre la moglie, riparata dall'intemperie, mostra la carnagione dorata e trasparente de' quadri di scuola veneta, le mani ben formate, pulite, e non isforzate nei nodi e ne' tendini; è accurata nell'abito e nel panno bianco che le copre il capo, al quale ogni paese da foggia diversa, cosicché facilmente si distingue dal panno la patria di quella che lo porta.
      Nella parte morale non c'è altrettanta differenza fra gli individui de' due sessi. L'ignoranza, i pregiudizi, l'impressionabilità sono all'incirca uguali. Bensí, come sempre, le donne sono un poco migliori degli uomini; non hanno i vizi del vino, delle bestemmie e delle coltellate; sono caste, o almeno erano, meno rare eccezioni; e poi è in loro una certa gentilezza tutta spontanea, parlano una lingua rifiorita di graziette amorevoli, come figlio mio! core mio! bello mio! pronunziate con un metallo di voce che tocca ed è la piú simpatica delle armonie; hanno un vestire pittoresco e che dona; un certo talento naturale; pronte nelle risposte e sveglie, che con loro non ne casca una in terra.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890