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      Se se ne fossero occupati di piú, avrebbero bensí tenuto il governo temporale per quello che è realmente, cioè un anacronismo, un danno, un lutto per l'Italia; un'occasione prossima di peccato per la Chiesa; un continuo pericolo per la fede; un dissolvente del senso religioso; una smentita alla dottrina evangelica per la Cristianità: avrebbero potuto, paragonando il passato al presente, speculare sul futuro; e persuadersi essere venuto il momento di chiudere quella lunga serie di fatti ora buoni, ora tristi, ora atroci, ora santi e benefici, ma sempre grandiosi, sempre mira degli affetti o dell'ire, delle maledizioni o dell'adorazioni del mondo, de' quali si compose la potenza de' papi. Ma avrebbero compreso altresí che a cosí venerate spoglie, culto di tante età, non bastava una tomba volgare, e che a tal funerale si commoveva e voleva aver parte l'intera civiltà moderna.
      Avrebbero compreso che se Roma è città italiana, se i suoi abitatori sono cittadini come noi di questo nuovo regno, con diritti, doveri, aspirazioni, desiderii indivisi, essi nacquero però in quelle mura sulle quali o pesa o regna un destino eccezionale e misterioso, da tutti accettato, da tutti temuto sin da' primi secoli della storia: che un vincolo arcano esiste fra Roma ed il mondo, vincolo tutelato dapprima dal terrore della spada, di poi dal terrore delle vendette celesti: che questo vincolo, si voglia o non si voglia, è un fatto, e che di fatti e non di fantasia si compone ogni savia politica: che se il diritto su Roma sta intero, assoluto per noi, un fatto venti volte secolare non lo distrugge certamente, ma invita ogni uomo che abbia cervello a considerarlo, a rispettarlo, ed a tenere per principale la questione della forma, del tempo e dell'opportunità. Avrebbero, in una parola, tenute in maggior conto e non offese e sprezzate le idee del mondo civile; avrebbero soprattutto cercato di mostrarsi in tutto migliori, piú giusti, piú leali, piú degni, piú rispettabili degli uomini di Roma; e forse allora nell'opinion pubblica sarebbero cessati i timori e i sospetti, e la questione di Roma sarebbe piú matura di quello che ora è.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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