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      M'alzai, e m'avviai alla loro volta. Erano per fortuna le copie - è sempre meglio. - Domandai loro, contro chi avevano sparato. "A segno, contro un albero," risposero; per tenersi la mano in esercizio. Ora vuol'ella sapere come lavorano, e come è fatto il loro bersaglio?
      Fissano nelle rughe d'un tronco una foglia, poi si cacciano a correre colla carabina armata (che essi chiamano cherubina); e dopo cento e piú passi, ad un segno, girar su un piede, sparare, e riprender la corsa: tutto dev'essere istantaneo.
      Andai a vedere dov'eran fitte le palle: stavano nel tronco non piú distanti tra loro delle quattro dita della mano. Se c'era un petto o un capo d'uomo, era servito. Ma in codesta guerra vince chi tira dritto.
      La squadra composta d'uomini rozzi, di tipo volgare, era comandata da un giovane alto, smilzo, bello, di modi cortesi, che pareva una persona della società mascherata da brigante. M'accompagnai colla squadra, e venni parlando con questo tipo eccezionale, pel quale provavo simpatia.
      Mi disponevo a cercar di studiarlo, e quindi di farmelo amico, ma dieci giorni dopo fu ammazzato a tradimento da un gobbo nano in un'osteria, framezzo a' suoi, ed il gobbo riuscí a fuggire. Incontrai un'altra volta la squadra. Mi raccontarono il fatto mordendosi le dita di rabbia, e giurando di cercare il gobbo finché l'avessero trovato, ed inchiodarlo come un falco alla porta dell'osteria. Eran musi da non mancar di parola.
      In que' paesi non sono rare simili vicende. La vita scherana de' secoli scorsi, scomparsa altrove interamente, ancora dura colà; e le persone piú tranquille e piú temperate, piú o meno ne rimangono tinte.
      A questo proposito narrerò d'un mio conoscente, d'un tal Jacobelli, nel quale la pietà filiale e la tenerezza coniugale, prendevano, come si vedrà, una tinta piú in armonia con que' costumi che co' nostri.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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