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      Quando io era innamorata di R., e che mi piantò, era disperata. Vo dalla mia solita e le dico come mi trovo. Eh signora! dice lei, la cosa si rimedia; ma bisogna che v'avverta, io ve lo posso far tornare, ma.... attenta.... dopo non ve lo levate piú d'attorno. Che vuoi, io non vedevo lume, accettai.
      Qui veniva la descrizione dello scongiuro; poi seguitava: - Torno a casa, e la maga mi dice, non pensate, non passano due giorni che lo vedrete. Erano mesi e mesi che non era venuto. La sera stessa stavo alla finestra sull'avemmaria e guardavo per la strada. Il chiasso delle carrozze non mi lasciava sentire dentro casa. Quando una voce mi dice nell'orecchio "Angelina!" era la voce sua! Mi volto. Era lui! Che vuoi, ti puoi figurare, a cavarmi sangue non me n'usciva una goccia!...
      Andate a non credere alla magia!
      Questa disgraziata, consumato fra essa ed il marito quanto avevano, viveva poveramente. Scese ne' suoi amori tutta intera la scala sociale, ed in ultimo era veduta talvolta la sera sul tardi in qualche vicolo in vicinanza d'una caserma in tenerezze con un soldato, che l'amava per pochi paoli. Credo che ad uno di questi tenesse dietro nella campagna del '48. La vidi a Bologna, e poi nel Veneto; e la feci comprendere nella disposizione del generale Durando, che vietava a molte anime tenere di girare il mondo al nostro seguito. Mi faceva male vederla caduta in quel fango. L'avevo conosciuta bambina, all'ingresso nella vita, che poteva essere onorata e tranquilla. Ma non v'era piú ritorno possibile per lei. Seppi un pezzo dopo che era morta non so dove, o di disagio, o di malanni che s'era acquistati in quella sua turpe esistenza.
      Il resto della famiglia finí meno male, ma non bene, e tutt'insieme i suoi componenti lasceranno di sé poco belle memorie.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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