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      Io ragionavo in questo modo: se un atto è vergognoso, non si deve farlo in nessun modo; se non è, sarebbe umiliante il compierlo come se uno se ne dovesse vergognare. È lo stesso che dire, io so di fare cosa da arrossirne, ma non me ne astengo perché ci trovo il mio interesse.
      Dunque presi bravamente i miei denari. Non son però sicuro d'aver eseguito proprio a puntino il mio proposito, e di non aver abbassato un po' lo sguardo nel momento importante.
      Fatto sta che per un artista, come per uno scrittore, è una grand'emozione la prima volta che egli si vede davanti un mucchietto d'oro, e che può dire questo me lo son guadagnato io col mio cervello e colle mie mani! E non ci ha che far qui affatto l'amor del denaro. È l'amor proprio che prova la meno discutibile delle sue sodisfazioni. Chi loda il vostro lavoro, vi può per qualche motivo ingannare; ma chi ve lo paga!... Dove trovare un'ammirazione piú certamente sincera?
      Alla soddisfazione dell'amor proprio se ne aggiunge poi un'altra piú degna: quella di sentirsi accresciuta l'indipendenza; di sentire che all'occasione si ha in se stesso il modo di campare senza bisogno di piegarsi a nessuno. Il piú gran ricco del mondo che perde il suo avere, se non sa far nulla, diventa piú povero di colui che può e sa esercitare un'arte o un mestiere. Per questo, prima di Rousseau, il proverbio italiano avea già detto: "Impara l'arte, e mettila da parte". Tale fu sin da giovine la mia massima, e ne dovetti ringraziare Iddio in una occasione difficile, molti anni dopo. Quando uscii dal ministero, per circostanze speciali, mi trovai a secco affatto della mia piccola entrata, e per tre o quattro anni campai unicamente col mio lavoro; e mi valse davvero l'aver imparato un'arte!


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





Rousseau Iddio